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venerdì 27 dicembre 2013

I cellipieni

Tipici dolci natalizi della zona, i cellipieni devono parte del loro fascino all'essere oggetto di diatribe inter-comunali o anche inter e intra familiari circa il nome ("cellucci", "tarallucci" et similia), le innumerevoli varianti negli ingredienti, legate a tradizioni e storie diverse, ma anche alla voglia di sperimentazioni avanguardiste, come accade per la versione con marmellata di agrumi. Ogni comune, ogni contrada ne rivendica la paternità: il vero "cellopieno" è quello di S. Vito Marina, affermano taluni esponenti della fiera popolazione rivierasca, no, è quello di Fossacesia, ribattono con sdegno i vicini, ma i più buoni si fanno a Vallevò, concludono sornioni i Roccolani (=abitanti di Rocca S. Giovanni). Sugli ingredienti, la preparazione, la storia e il significato possiamo immaginare un elenco altrettanto antologico e di un qualche valore antropologico, come nella celebre canzone "Il cielo è sempre più blu" di Rino Gaetano: c'è chi nell'impasto mette il vino bianco, chi il montepulciano, chi il vermouth, chi mette più olio rispetto al vino, chi conserva il rapporto 1:1, chi ci mette il mosto cotto, chi la scorza di limone, chi usa l'uvata pura, chi la mescola con altri tipi di marmellate, chi dice che nel dopoguerra lo zucchero non si usava e quindi non lo mette, chi invece ce lo mette solo sopra, chi semolato e chi a velo, chi usa la pasta frolla, chi la ricetta glie l'ha data la zia, chi la vicina centenaria, chi è morto d'invidia o di glicemia...
Qui postiamo una versione classica, non sappiamo quanto ortodossa ma di sicuro successo, a patto che si seguano le meticolose procedure e si rispetti la genuinità delle materie prime.
La prima di queste è sicuramente l'uvata, vale a dire una marmellata ottenuta facendo cuocere a lungo, senza l'aggiunta di zucchero, dell'uva montepulciano passata in un apposito attrezzo ("la cunciarelle"), sorta di setaccio a maglie metalliche, che permette di separare bucce e vinaccioli. La faceva mia nonna, un tempo, ma noi l'abbiamo comprata perché per fortuna in zona c'è qualche azienda agricola che si è messa a produrla a regola d'arte, semplificando notevolmente il nostro lavoro.



Ingredienti per circa 50 cellipieni

Ripieno:
600 g di uvata
la scorza di un'arancia grattugiata
50 g di noci sgusciate e tritate finemente
1-2 fette biscottate polverizzate
1-2 cucchiai di mosto cotto
1 pizzico di cannella in polvere e mezza stecca di cannella sbriciolata

Impasto:
1 bicchiere di olio extravergine di oliva
1 bicchiere di vino bianco
1 cucchiaio di zucchero
farina 00 q.b.

Guarnizione:
zucchero semolato q.b.

Mescolate tutti gli ingredienti del ripieno, meglio se dalla sera prima del giorno in cui inizierete la lavorazione, in modo che possa insaporirsi per bene. Preparate l'impasto mescolando il vino, l'olio e lo zucchero e aggiungendo gradatamente la farina fino a ottenere un composto omogeneo, compatto ed elastico, non troppo duro.
A questo punto potete prendere un po' di impasto e stendere con il mattarello una prima sfoglia lunga e stretta dello spessore di 1-2 mm. Fate attenzione perché la sfoglia deve essere sottile, ma non così tanto da rompersi in cottura con il "ribollire" del ripieno all'interno. Si tratta di un equilibrio delicato, che dipende anche dalla vostra mano e si raggiunge solo dopo diversi tentativi ed errori, quindi non disperate se le prime volte avrete qualche dolcetto imperfetto che farà comunque la felicità di qualche familiare goloso e di poche pretese.
Con l'aiuto di un cucchiaino da tè disponete una noce di ripieno ogni 3-4 cm lungo la striscia. Richiudete la pasta intorno al ripieno schiacciando bene con i polpastrelli intorno ai bordi, cercando di non incamerare aria all'interno, poi ritagliate delle mezzelune con l'apposita rotella tagliapasta. Se necessario schiacciate ancora i bordi, quindi arrotolate ciascun cellipieno dandogli la tipica forma di tortello, adagiatelo su una teglia rivestita con carta forno e cuocete a 180°C per circa 15-20 minuti (dipende un po' dalla grandezza e un po' dallo spessore della pasta).
Mettete lo zucchero semolato in una ciotolina. Appena estrarrete i cellipieni cotti dal forno, passateli ancora bollenti nello zucchero e sistemateli nel vassoio che userete per servirli.
Dice nonna Silvana, esperta alla quale devo questa preziosa ricetta, che la pasta deve risultare friabile e sottile, mentre il ripieno all'interno deve essere morbido e profumato e riempire tutta la cavità, senza zone vuote. Per evitare che caramelli, diventando duro e appiccicoso dovete stare molto attenti a non eccedere nei tempi di cottura.
Buone Feste a tutti!

venerdì 20 dicembre 2013

Il nocino di Nonno Claudio

Siamo onorati di ospitare la ricetta del famoso liquore alle noci di Nonno Claudio, frutto di tanta pazienza e ripetuti esperimenti che hanno portato ad un risultato eccellente, tanto da meritare, quest'anno, anche l'etichetta:
Anche se non ci troviamo nel periodo di raccolta delle noci, abbiamo voluto pubblicarlo perché con le festività che si avvicinano di solito si sbevazza un po' più del solito ed è giusto ricordare il lavoro che c'è dietro l'ennesimo ammazzacaffè...magari iniziando a fare progetti per il nuovo anno.

Ingredienti:
38 / 40 noci (dipende dalla grandezza)
750 gr. di zucchero,
un litro di alcol,
una stecca di cannella.

Procedimento:
"All’alba del 24 giugno ho raccolto le noci, le ho divise in quattro spicchi e messi in un capiente barattolo di vetro, ho messo lo zucchero ed esposto al sole per due giorni mescolando di tanto in tanto.
Ho aggiunto l’alcool e la cannella e ho esposto al sole per altri 43 giorni  sempre mescolando di tanto in tanto. Siamo arrivati così al 7 agosto, giorno di San Donato.
Con l’ausilio di un tubicino di gomma per fare il sifone ed una calza di nylon per filtrare, ho separato il liquido dalle noci. L'ho quindi messo in parte in una botte di legno e in parte in bottiglie di vetro (ho riutilizzato le stesse bottiglie dell’alcool) che ho conservato al buio.  Le noci rimaste nel contenitore grande di vetro, essendo ancora impregnate, sono state lavate con vino rosso prima di gettarle via. Il vino così aromatizzato è stato recuperato e...bevuto.
La parte che ho messo nella botte di legno è ancora lì a maturare, invece quella messa nelle bottiglie di vetro, dopo circa 60 giorni di decantazione, è stata travasata in bottigliette più piccole e, dopo altro periodo di maturazione, è pronta per essere gustata."

mercoledì 27 novembre 2013

Crostata di ricotta, crema e scaglie di cioccolato

Questo tortino, la cui preparazione non è particolarmente complessa ma richiede un certo tempo per la preparazione, è l'ultima versione di crostata ripiena alla ricotta che abbiamo provato. Dobbiamo ammettere che finora resta imbattuta, forse per la presenza del cioccolato fondente nel ripieno.
Come si può vedere dalla foto, il cioccolato è volutamente concentrato tra la base e il ripieno. In questo modo si crea un piacevole "stacco" di gusto e consistenza. Inoltre preserva la base dall'umidità della ricotta, aiutandola a cuocere meglio.
Per prima cosa bisogna procurarsi della buona ricotta, magari di pecora, ma va bene anche quella di mucca (assolutamente da evitare però la ricotta confezionata in vaschetta!), quindi metterla a scolare la sera prima in un passino sotto cui avrete messo un recipiente per raccogliere il siero che butterete via.
Poi occorre preparare la crema pasticcera, quindi la pasta e in ultimo il cioccolato da tritare rigorosamente a mano.
Fondamentale per evitare che la base si sfondi sotto il peso del ripieno è assemblare la torta soltanto al momento di infornarla ed assicurare una rapida cottura del fondo, ponendola sulla parte bassa del forno ed impostando un programma di cottura dal basso.

Ingredienti per la crema pasticcera
500 ml di latte intero o parzialmente scremato
2 uova intere
150 g di zucchero
30 g di farina
1 bustina di vanillina

Ingredienti per la pasta
150 g di farina 00
50 g di fecola di patate
80 g di zucchero
100 g di burro
1 pizzico di cannella in polvere
1 uovo intero
mezza bustina di lievito vanigliato

Ingredienti per il ripieno
Crema pasticcera (vedi sopra)
250 g di ricotta vaccina o di pecora
150 g di cioccolato fondente per dolci (al 50%)

Per decorare: zucchero a velo e cannella in polvere.

Preparate la crema: battete le uova con lo zucchero, quindi aggiungete poco alla volta la farina setacciata e il latte. Ponete in un pentolino dal fondo spesso su fuoco basso e mescolate con un cucchiaio di legno, lentamente e sempre nello stesso verso, senza mai fermarvi fino a che la crema non inizia a rapprendersi e a sobbollire (ci vorranno circa 20 minuti, ma questo tempo può variare). A quel punto spegnete, aggiungete la vanillina e lasciate raffreddare mescolando ogni 2-3 minuti per evitare la formazione della pellicola superficiale.
Ora preparate la pasta. Mescolate la farina, la fecola e il lievito vanigliato, quindi aggiungete il burro freddo a pezzetti e lavorate il tutto fino a che non otterrete dei "fiocchi". Aggiungete l'uovo, lo zucchero e la cannella e lavorate rapidamente fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo. Formate una palla, avvolgetela con la pellicola e mettetela in frigorifero per almeno mezz'ora.
Tritate a mano grossolanamente la cioccolata e mettetela da parte.
Imburrate e infarinate la superficie interna di una teglia da crostata del diametro di circa 20 cm.
Accendete il forno a 180°C.
In una ciotola capiente mescolate la crema, la ricotta scolata e qualche scaglia di cioccolato.
Stendete i 2/3 della pasta in un disco di circa mezzo centimetro di spessore, con il quale fodererete la teglia. Cospargete il fondo con il resto della cioccolata, quindi versatevi sopra il ripieno.
Ricoprite con un reticolo di striscioline che avrete ritagliato dalla rimanente pasta.
Infornate subito nella parte bassa e lasciate cuocere per almeno 40-45 minuti.
La torta va sformata non appena si raffredda, per evitare il ristagno di umidità nella teglia.
Decorate la superficie con una miscela di zucchero a velo e cannella prima di servire.
Potete consumarla subito, ma se la lasciate riposare almeno 12 ore è ancora più buona. Suggeriamo di conservarla in frigorifero.

venerdì 22 novembre 2013

Pane con farina integrale di farro

La passione del pane fatto in casa l'abbiamo presa da poco, da quando la scorsa estate la nostra amica Fanny ci ha regalato un pezzetto di lievito madre. Da allora non compriamo più il pane e, soprattutto, non lo buttiamo via. Perché il pane fatto con il lievito madre non solo è più buono, non solo è più nutriente (perché contiene un enzima chiamato fitasi che consente di liberare magnesio, calcio, ferro e proteine della farina altrimenti "intrappolate" dall'acido fitico - leggi articolo), non solo è più digeribile grazie agli enzimi che trasformano i composti complessi in composti semplici, ma dura anche di più. Quando acquistavamo il pane preferivamo sempre quello integrale, ma la maggior parte andava "sprecata" perché al terzo giorno diventava immangiabile. Detto per inciso, in realtà non lo buttavamo nella spazzatura, ma veniva riciclato in pangrattato, torte e tortini dolci e salati, di cui magari in futuro posteremo qualche ricetta. Però nonostante il riciclo ne avanzava comunque tanto e, anche se per fortuna Tea non disdegna il pane secco, ci sembrava un vero peccato. Adesso facciamo mediamente ogni 4-5 giorni una pagnotta da circa 900 g e la consumiamo per intero, perché al quinto giorno è ancora buona. Del lievito madre si sente tanto parlare, ci sono innumerevoli blog, forum e siti web ad esso dedicati, ma finché non si ha la fortuna di riceverne un pezzo in regalo non si è davvero in grado di comprendere come mai tanta gente ne abbia fatto quasi una malattia. Noi, dopo avere regalato qualche figlio e nipote della pasta madre di Fanny ad amici e parenti, abbiamo anche creato il nostro lievito ex novo, con somma soddifazione. Non è particolarmente complicato ma richiede pazienza e costanza (il nostro lievito è giunto a maturazione dopo un mesetto circa). Comunque non ci dilungheremo oltre sull'argomento: se ve la sentite di provare e non avete la fortuna di conoscere qualcuno che ve ne possa regalare con gioia un pezzetto (noi ad esempio), di ricette per fare il lievito madre se ne trovano tante in rete. Noi l'abbiamo presa da un manuale di pasticceria, a partire da 200 g di farina 0, 100 g di acqua e 100 g di polpa di mela, con rinfreschi ogni 48 ore al 40% di acqua e 100% di farina. Ma non è detto che sia la ricetta migliore. Gli unici suggerimenti che vi diamo sono di scegliere il procedimento più semplice (lasciate perdere il controllo della temperatura, del pH e i "bagnetti" vari, o rischiate davvero il ricovero in psichiatria), di utilizzare una farina di buona qualità, possibilmente acquistata presso un mulino di fiducia, di non utilizzare mai lievito di birra per avviare la fermentazione e di fare rinfreschi frequenti per evitare che la pasta diventi troppo acida (ve ne accorgete dal pungente odore di aceto che emana e dalla consistenza troppo appiccicosa, nonché dal sapore acidulo che conferisce al pane).
Dopo questo lungo preambolo sulla pasta madre, finalmente il pane al farro. Un pacco di farina integrale di farro regalatoci da Francesco ha offerto l'occasione per questa preparazione dal gusto insolito e sorprendente.

Ingredienti per una pagnotta di circa 900 g
250-300 g di lievito madre
300 g di farina di farro integrale
200 g di farina "0"
250 ml di acqua
1 cucchiaio da tavola di sale fino
1 cucchiaino di miele

Tempo di preparazione: circa 20 minuti
Tempo di lievitazione: 6-10 ore
Tempo di cottura: circa 1 ora

Sciogliete il sale e il miele nell'acqua a temperatura ambiente. In una ciotola capiente (o nella ciotola dell'impastatrice) spezzettate il lievito madre e fatelo sciogliere nella soluzione di acqua, sale e miele. Aggiungete quindi le due farine miscelate e lavorate bene fino a che l'impasto non si incorda (cioè fino a che non diventa omogeneo, elastico e non appiccica le dita). La lavorazione, sia a mano che con l'impastatrice, non dovrebbe durare meno di 8-10 minuti. Formate quindi una pagnotta, mettetela su un tagliere in legno ben infarinato, praticate un taglio a croce non troppo profondo per far ossigenare bene l'impasto anche all'interno e ponete nel forno spento o in altro luogo al riparo da correnti e sbalzi termici. Lasciate lievitare per almeno 6 ore o comunque finché la pagnotta non sia almeno raddoppiata di volume.
A questo punto accendete il forno (statico) a 200°C. Sul fondo ponete una ciotolina in terracotta riempita con dell'acqua calda. Praticate nuovi tagli sulla pagnotta, in modo da evitare che si apra sul fondo in fase di cottura. Infornate sulla leccarda leggermente infarinata e posta sulla parte bassa del forno (oppure sulla pietra refrattaria, se ne avete una). Per i primi 30 minuti di cottura e a intervalli di 10 minuti spruzzate poca acqua sulle pareti del forno creando vapore. In questo modo rallenterete la formazione della crosta e la pagnotta si solleverà di più. Lasciate cuocere per circa 45-50 minuti. A questo punto togliete la pagnotta dalla teglia e ponetela direttamente sulla griglia del forno, sempre sulla parte bassa, mettete il programma ventilato con cottura solo dal basso (se il vostro forno ha questa funzione, altrimenti non importa) a 220°C per circa 10 minuti. A questo punto il vostro pane dovrebbe essere cotto e avere una bella crosta croccante. Sfornate e verificate che all'interno dei tagli la crosta sia abbastanza secca e colorata, altrimenti fate cuocere altri 5 minuti. Se avete un termometro da cucina potete verificare che al centro la temperatura sia arrivata a 100°C.
Fate raffreddare su una graticola sollevata dal piano di lavoro, quindi avvolgete con un canovaccio pulito e conservate al riparo da aria e umidità.

sabato 16 novembre 2013

Chitarra al montepulciano con zucca e salsiccia


Inaugurare un blog con questa ricetta è per noi come pubblicare un manifesto: trattasi di un primo piatto che, pur non essendo ascrivibile alla tradizione più ortodossa, "trasuda" abruzzesità nella forma e nella sostanza. Il risultato è un sodalizio di sapori robusti e dolci insieme, che avvolge il palato e mette di buonumore, specie se si è in compagnia. Lo spaghetto alla chitarra è un formato di pasta a noi molto caro, che si sposa alla perfezione col ragù di agnello ma, nella versione bianca, anche con un bel sugo di pesce. In questa versione c'è dentro il Montepulciano d'Abruzzo, unico e indiscusso sovrano tra i vini che meritano di stare sulla nostra tavola. Aggiunto alla farina al posto dell'acqua, deve essere ridotto prima dell'utilizzo perché in questo modo, perdendo la sua parte alcolica, non rischierà di modificare l'amido della farina rendendo la pasta molliccia. Inoltre le conferirà un intenso colore viola rubino, che in contrasto con il color arancio della zucca farà pensare ai variopinti tappeti di foglie autunnali. La salsiccia deve essere quella classica di suino nostrano con il pepe, senza aromi particolari come seme di finocchio o scorza di arancia.

Ingredienti per 4 persone

Per la pasta:
350 g di semola rimacinata di grano duro
50 g di farina di grano tenero tipo "2"
400 ml di vino montepulciano d'abruzzo
1 pizzico di sale
1 cucchiaino d'olio

Per il condimento:
200 g di zucca gialla a pezzetti
2 salsicce di carne di suino nostrane
1 piccola cipolla
1 gambo di sedano
olio extravergine d'oliva q.b. (non esagerate perché c'è già il grasso della salsiccia!)
1/2 bicchiere di vino bianco secco (es. trebbiano, pecorino, cococciola)
1/2 tazza di brodo vegetale
sale q.b.

Mettere il vino in un pentolino sul fuoco e farlo bollire per circa 10-15 minuti, finché non si sarà ridotto della metà. Lasciar intiepidire, aggiungere il sale e l'olio. Mescolare le due farine su una spianatoia, fare la fontanella al centro e versare il vino da incorporare poco per volta, delicatamente, alla farina fino ad esaurimento. Volendo si può fare questa operazione anche in un recipiente, per evitare che la spianatoia si macchi con il vino. Lavorare l'impasto fino a ottenere un palla liscia e compatta, quindi mettere a riposare sotto una ciotola capovolta per almeno 20 minuti.
Nel frattempo preparare il condimento: in una casseruola (meglio se larga e in terracotta) mettere a soffriggere in poco olio la cipolla e il sedano tritati.
Quando saranno appassiti aggiungere la salsiccia e far rosolare per alcuni minuti, quindi alzare la fiamma al massimo e sfumare con il vino bianco. Lasciar evaporare bene il vino, quindi aggiungere la zucca a pezzetti, il sale e  il brodo vegetale. Abbassare la fiamma, coprire e lasciar cuocere per circa 15-20 minuti.
Mettere a bollire abbondante acqua salata in una pentola capiente.
Prendere la pasta, stendere una sfoglia di circa 3 mm di spessore su una spianatoia di legno ben infarinata e tagliare con la chitarra passandoci sopra con il mattarello (in mancanza di questa, va benissimo la macchina della pasta se avete l'accessorio per il taglio di questo formato; quello nella foto è uno spaghetto alla chitarra un po' più grosso del normale, perché ci piaceva così). Dopo aver ricavato gli spaghetti, disporli in un vassoio largo e ben infarinato in modo che non si sovrappongano troppo. Se non si devono cuocere subito è meglio metterli in frigorifero coperti con un canovaccio.
Lessare gli spaghetti nell'acqua bollente per 4-5 minuti da quando spicca il bollore; scolare bene e condire. Servire subito, magari con un tocco di olio extravergine a crudo, pecorino grattugiato e peperoncino piccante a piacere.